IL CERVELLO PLASTICO  di  IAN H. ROBERTSON

 

 

Sintesi 

Ian H. Robertson, neurofisiologo inglese, insegna psicologia al Trinity college di Dublino.

Una delle massime autorità mondiali nel campo della riabilitazione cerebrale.

In questo libro spiega, con chiarezza e passione, le procedure grazie alle quali l’esperienza modella il cervello, e noi stessi possiamo intervenire per plasmare con la mente la nostra mente.

E’ una guida aggiornata e affascinante per scoprire quello strumento meravigliosamente raffinato che è il nostro cervello, è la migliore dimostrazione di una verità consolante: nonostante la genetica, la biologia o la sorte cieca abbiano una notevole importanza nel determinare la nostra vita, la mente umana ha le potenzialità per modificare, in meglio, il nostro destino.

 

Approfondimenti del libro 

Nel cervello umano ci sono circa 100 miliardi di neuroni ed ogni cellula (neurone) è collegata in media ad un migliaio di altri neuroni per un totale di circa 100.000.000.000.000 = cento bilioni di connessioni.

Il neurone è formato dal soma che è il corpo centrale della cellula, dall’assone che ha una lunghezza che và da un decimo di millimetro fino a circa 2 metri, e dai dendriti che si ramificano dall’assone e vanno a collegarsi agli altri neuroni, se ne possono contare fino a 100000  in un solo neurone.

Gli impulsi che partono dagli assoni non si protraggono nel tempo, ma hanno una durata di circa un millesimo di secondo e viaggiano ad una velocità compresa fra 3 e 300 Km /sec. 

E’ molto importante allenarsi mentalmente, ricostruire con rigore con la mente anche esercizi fisici, quindi del corpo. Si dà cosi la possibilità potenziale di allenare la mente, quindi i circuiti neuronali allo sforzo fisico che si dovrà fare o anche alle normali prove di memoria quotidiane di imparare nuove cose. Ripetere più volte con la mente per poter avere in poche parole fissate in maniera indelebile, quindi nella memoria a lungo termine tutte quelle cose che vogliamo ricordare e mettere in pratica in tempi brevi senza ricorrere ad uno sforzo mentale. Molti atleti infortunati hanno ricorso a questa caratteristica del cervello riscontrando notevole successo quando sono ritornati in possibilità di forma fisica. Quindi il cervello ha un ruolo determinante anche quando il corpo è impossibilitato ad eseguire determinati movimenti.

La maggior parte di pazienti con gravi forme di menomazioni mentali come: linguaggio, movimenti, vista, udito, sono riusciti a guarire non completamente, ma in percentuale, di più di altre persone perché si è scoperto che è il numero di collegamenti dendritici a favorire lo sviluppo di nuove connessioni e quindi diciamo così, rammendare la parte lacerata. In altre parole la persona più intelligente ha più collegamenti ( sinapsi ), avrà quindi più possibilità di ricostruire dopo un ictus, esempio nell’area del linguaggio, sempre che vi siano rimaste quelle poche cellule ad attivare delle altre cellule vicine, quindi a riformare in qualche modo quello che è stato perso con l’allenamento mentale. L’ipotesi eccitante e fortemente plausibile è che l’istruzione favorisca il germogliare di dendriti nelle cellule del cervello. Di fatto, noi sappiamo, che l’istruzione  previene i danni del morbo d’Alzheimer in tarda età; ciò rafforza la teoria secondo cui l’istruzione non solo coltiva la mente, ma incrementa anche la materia cerebrale.

L’istruzione è una pietra miliare della civilizzazione e agisce scolpendo il cervello degli esseri umani. 

Quando ad una persona le viene amputato un arto, nel cervello rimangono tutte le funzioni mentali, anche se l’arto non esiste più, ecco che può subentrare a questo punto un fenomeno molto strano, il paziente crea nella sua mente,  esempio. un braccio fantasma , e come se continuasse ad avere l’arto,  sente perfino pruriti, formicolii e dolore, solamente che non essendoci più l’arto i recettori si spostano in altre parti del corpo, es. il viso, quando si ha prurito a questo braccio fantasma  si può placare massaggiando una certa zona del viso.

La cosa cambia però quando gli arti sono sani, ma vengono asportate determinate aree motorie, se rimangono delle cellule ci sarà la possibilità di associarsi con altre e quindi con la riabilitazione riprendere in parte la funzione, se invece l’area o il modulo di questa funzione è stata totalmente lacerata ci sarà la paralisi totale dell’arto. 

E’ risaputo che le persone anziane non hanno problemi a ricordare eventi di molti anni prima.

Questo capita perché l’apparato della memoria che assimila nuovi eventi è in qualche modo separato de quelle parti del cervello in cui sono immagazzinati i ricordi ad essi collegati; ed i circuiti alla base della memoria  degli eventi recenti, localizzati in parte in un’area del cervello nota come “ ippocampo “ sono più vulnerabili agli effetti dell’età dei centri di raccolta dei ricordi , posti nell’area centrale nota come “corteccia temporale laterale “. 

E’ un’enorme responsabilità formare fisicamente il cervello di un bambino attraverso le parole che diciamo e le azioni che compiamo; una delicatissima operazione chirurgica.

Ecco una forma di immortalità, tracce di noi stessi impresse fisicamente nel cervello dei bambini che vivranno anche dopo di noi.  

Robertson asserisce che il caso dei cosiddetti geni, ( geni si nasce non si diventa ), è una stupidaggine perché: d’accordo che ci sono delle persone che nascono con delle potenzialità neuronali più di altri, ma bisogna fin da bambino coltivare con grande costanza la propria disciplina, che sia sportiva, scientifica, musicale o letteraria con migliaia di ore di studio e di esercizio. Solo cosi si può arrivare ad essere cosiddetti geni, quindi esclude che una persona possa nascere già scolpito nelle reti neuronali quando manca loro l’informazione, cioè tutto quel processo di apprendimento che si può acquisire con lo studio e l’esercizio.

A questo punto io aggiungerei: se ci fosse la possibilità di dedicarsi con costanza nello studio e nell’esercizio di una disciplina, saremmo tutti geni?

Io penso che una persona, ( e questo si e visto nella storia del tempo, ) può nascere con delle particolari capacità intellettive, intuitive, o creative  superiori alla norma, abbiamo degli esempi di personaggi straordinari nel campo dell’arte, musica, letteratura, filosofia, scienze, ecc. che si sono distinti in maniera inconfutabile e che non possiamo classificarle come persone nella norma, gli esempi non mancano di certo. Cosa pensare di Einstein, Leonardo, Galilei, Newton, Mozart, e tantissimi altri? La domanda come al solito non ha risposta, probabilmente non avrà mai una risposta, però ci fa sicuramente riflettere. 

Un’altra cosa molto importante di cui ha scritto Robertson è l’attenzione, es. quando si studia ci deve essere possibilmente la massima concentrazione e niente distrazione come molte volte succede, di studiare con radio, televisione o altro, è importante che le connessioni sinaptiche avvengano in condizioni di massima attenzione per aver un apprendimento Hebbiano, quindi a lungo termine. 

Robertson riflette ancora su un altro problema, quello dell’insegnamento, spiega che nella scuola tradizionale ci sono tanti insegnanti che usano un sistema che lui chiama standard che ha poca efficacia sugli alunni, mentre se vengono presi singolarmente apprendono molto di più.

Questo comunque è risaputo, il punto è: come fare per insegnare, es. a 25 alunni, dovendo svolgere un programma, quando ci sono alcuni di essi che presentano delle difficoltà di apprendimento per motivi che possono dipendere da situazioni ambientali? Anche qui la risposta non è cosi facile perché ci sono mille variabili nella vita di un bambino. 

La conclusione del libro è molto bella, si appoggia alla concezione di Daniel Goleman sull’intelligenza emotiva, spiegando scientificamente l’aggressività, le emozioni che sono controllate dall’amigdala: sede delle emozioni, spaziando poi sul cervello fisico che è controllato dall’IO ed ha bisogno d’amore per potersi ramificare ed evolvere nel modo più armonioso, e come conclusione mi sembra la più generosa, visto che siamo degli esseri umani e abbiamo bisogno d’amore per far crescere la nostra società in maniera sana.

 

BIBLIOGRAFIA