Immaginare è la nostra libertà

 

 

Introduzione

di

Fabio Strafforello

 

Considero questo terzo libro come il proseguo di un filone, linfa che sgorga dalla sorgente dell’interiorità, ma altresì il mio tentativo di discostarmi temporaneamente dai concetti pressanti che ho cercato di sottoporvi negli scritti precedenti. In altri termini, in questo testo troverete dei contenuti con intense cariche emozionali, sensazioni che talvolta occupano i nostri pensieri, o nell’arco della giornata o nei periodi cangianti della nostra esistenza, estrapolazioni sensibili dell’animo umano, elaborate con approcci poetici e descrittivi, a volte con frasi semplici alla comprensione… così non ho voluto applicare ad essi concetti astratti o di sola percezione spirituale. Nel breve tempo che ho impiegato per elaborare questi tre testi, ho avuto l’opportunità e la fortuna, di compiere un percorso interiore e di crescita spirituale, di approfondire la conoscenza di me stesso e il raggiungimento di un equilibrio legato alla formazione concettuale stessa. In questo tratto della mia vita, del quale ho espresso i vari passaggi evolutivi tramite la scrittura, nella costruzione e l’affinamento dei miei contenuti, ho conosciuto in modo approfondito il mondo dell’interiorità umana, nella sua grande vastità ed ho imparato a leggere nel silenzio delle espressioni. Trovare il proprio equilibrio nell’interiorità, vuol dire conoscere a fondo l’interiorità stessa, nelle sue costanti e variabili, rendendo il proprio pensiero terreno fertile del dubbio, proiezione di una immagine che cambia. Mantenere l’equilibrio interiore vuol dire lavorare costantemente dentro di noi, alla ricerca dell’evoluzione dei nostri contenuti, nell’evoluzione del senso della comprensione e nell’integrazione delle percezioni del circostante. I contenuti di evoluzione, ai quali siamo sottoposti, seguono una loro via di ricerca di equilibrio, armonizzare con essi, da parte nostra, vuol dire procedere nella direzione di armonizzazione dei concetti interiorizzati e dei concetti di cosmicità, come in uno stretto legame fra i due. E’, in questo rapido e breve percorso, che ho esteriorizzato, tramite la scrittura, i contenuti comuni agli uomini ed ho imparato, tramite la comparazione della relatività degli eventi, a conoscere più profondamente la felicità, cogliendola e offrendola sovente come il frutto di un albero disperso in mezzo ad altre varietà. Quel che la vastità della natura ci offre, è l’occasione di poter assaporare gli aromi e i sapori più profondi che ci mette a disposizione, traendone, all’occasione, gioia e motivo per credere nella vita. Un albero che dà frutti misurati al loro equilibrio e a cui pochi vogliono attingere come fattore di unicità, diventa così una pianta rara. In un mondo costruito per rappresentare, tramite i grandi numeri, la figura di una identità immaginaria, dalla quale poter tendere alla ricerca dei concetti di evoluzione, così da assumerne e demolirne istantaneamente il concetto di identità stessa, tutto ciò, nel contesto di questa trasformazione significa subire l’interesse collettivo, come identità di ricerca dei valori di identità assoluta stessa. In termini spiccioli, significa basare la nostra costruzione interiore sul tentativo di ricerca, tramite gli altri, della nostra costruzione identificativa  tralasciando il nostro percorso interiore e quindi l’equilibrio personale. Dare il miglior frutto di sé, nella libertà della propria espressione, vuol significare dare il vero della propria immagine e non mostrarsi per quello che gli altri pretendono da noi, per se stessi, in sostanza significa essere liberi e consentire a tutti di attingere ad un frutto libero da alterazione, nell’espressione della diversità e nell’opportunità di esserne soggetti, e non l’immagine dei desideri altrui. Credo che basare noi stessi su quello che siamo e non su quello che ci chiedono gli altri, sia, oltre che una forma di grande libertà, anche una possibilità che ci consente di porre le nostre radici su terreni solidi, talvolta impervi, ma comunque dove sarà difficile vivere il trauma dello sradicamento… Ho visto alberi sradicarsi dalla vita, assaltati dall’avidità dell’uomo per sottrarne frutti, come se fossero di buon esempio per tutti e inneggiati dagli stessi agli altari della gloria, per un nutrimento che sembrava gli potesse appartenere o per carpirne la via della felicità… forse aver vissuto troppo nell’immagine approvata degli altri, ha significato crescere la chioma a discapito delle radici, come una apparenza a colmare il vuoto degli occhi. Come avrete ben capito, è un modo figurato per rappresentare l’essere umano, equilibrio di se stesso, che, alla radice dell’interiorità possiede le ragioni della propria esistenza, nell’opportunità di adagiarsi dolcemente al trasporto delle ragioni stesse. E’ di un valore inestimabile, che si ammanta l’uomo che ha vissuto di sé, nell’aver capito il senso occulto della propria vita e nelle proiezioni del tempo l’aver colto il significato estremo del contesto interiore, così inserito nella movenza dei rapporti di proiezione e palesemente esteriorizzati… cammino che ci apre le porte alla pace interiore. Noi esistiamo nell’immagine temporanea di una presenza, di cui daremo frutti oltre la nostra morte se sapremo lasciarci negli altri, deponendo in loro il seme dolce della vita, le emozioni, i colori, la speranza, la bontà, la giustizia e l’umiltà saranno la bussola orientativa di un percorso interpretativo fra le verità contingenti e la verità come base della genesi. Per chi ascolterà per la prima volta questo canto vibrato dalla profondità dell’animo, vorrà dire potersi riferire ad un indirizzo e risalire il fiume impetuoso e mutevole del nostro sentire… guida sensoriale delle nostre percezioni… 

Come una luce condurci nel profondo dell’animo, dove saper avanzare vuol dire conoscere la gioia della verità.

Dedico la parte finale del libro, con relativa introduzione, alla pubblicazione di alcuni articoli, scritti da me, che ho elaborato da frasi estratte dal primo testo pubblicato, e successivamente rese visibili su internet, tramite il sito www.rivistaparliamone.it di Bartolomeo Di Monaco e di cui vi darò spiegazione in dettaglio nella parte conclusiva del libro.

 

 

 

 

Recensione di Gian Gabriele Benedetti

 

PREFAZIONE A “IMMAGINARE È LA NOSTRA LIBERTÀ”

DI FABIO STRAFFORELLO

           

            Già il titolo ci offre il significato specifico di questa ulteriore pubblicazione di Fabio Strafforello. La sua è un’immaginazione nelle cui pupille possiamo scrutare il valore dell’io, del noi e degli altri, nonché ricavarne le tematiche più forti ed incisive della vita. Vi è nella presente opera, forse meno pressante e più addolcita che in altre circostanze, la tensione di un uomo che si cerca e si ritrova, di un uomo che indaga e tenta di scoprire, di un uomo onesto teso al raggiungimento di un equilibrio con se stesso ed il mondo, per potersi identificare appieno e non appiattirsi ed annullarsi, bensì elevarsi e proiettarsi verso quell’orizzonte aperto alla verità e capace di valorizzare le nostre azioni. Fabio compie questo cammino attraverso un itinerario che spazia dalla poesia, all’aforisma, fino all’espressione filosofica, concentrata in una prosa di elevato spessore.

            Le tematiche, oggetto della trattazione, sono diverse e di ampio respiro. Innanzi tutto assume capitale importanza l’introspezione. Il guardare all’interno dell’animo, il trovare in noi quegli aspetti che definiscono bene la nostra interiorità. È il “nosce te ipsum” (non nuovo nell’opera dell’autore), ripreso da diversi pensatori, che deve consentire di far emergere certe verità e consapevolezze dentro di noi, per convertire in modo più fertile e più aperto il nostro rivolgerci agli altri ed al mondo. Nascono i dubbi, è vero, in tale indagine, ma anche il dubbio si fa necessario per rielaborazioni interiori più proficue e per una nostra maggiore crescita. Ed ecco allora che ci si può rendere affrancati da certe zavorre predisposte ad impedirci un ruolo squisitamente qualitativo. Viene a nascere e ad irrobustirsi, in questo modo, la vera costruttiva libertà, frutto di un’elaborazione che coinvolge tutta la nostra sfera spirituale, compresa quell’immaginazione che ci porta anche a volare in alto.

            In secondo luogo si rende opportuno osservare il mondo, non da una specola posta in alto, ma nel contatto quasi fisico. Vedere, dunque, “toccare” la realtà, analizzarla, storicizzarla e da qui scoprire negatività e positività, onde potersi inserire nella realtà stessa con la propria coscienza e avvedutezza. Si ha, allora, una comparazione tra uomo ed uomo, tra uomo e natura con lo scopo di cogliere ed organizzare al meglio comportamenti e di intravedere quanto più possibile il segreto dell’esistenza. Nascono così la forza e l’importanza dell’amore, della fraternità, della comprensione e l’opportunità di un progresso sostenibile. Tutto attraverso un’autocoscienza, aiutata dall’esterno, appunto. E la natura non si fa secondaria, in tale “operazione”, in quanto essa è al servizio dell’uomo, solo se questi manifesta rispetto. La natura sa rigenerarsi ed invita l’essere umano a fare altrettanto positivamente, pena l’annientamento.

            In terzo luogo la memoria, fondamentale appoggio su cui costruire il presente e da cui proiettarsi nel futuro. Non possono essere accantonati e tanto meno soffocati quanto si è vissuto e quanto è stato. Si fa specchio di noi stessi, tesi alla ricerca di una condotta sempre consona ai principi fondamentali del vivere civile, morale, sociale, umano. Tant’è che Fabio, ben consapevole di quanto sopra, arriva a scrivere: “Che cosa lascerò ai miei figli?”.

            A questo punto viene approfondito il tema dell’amore, che si coniuga, in una serie di interessanti interventi, col momento del dolore e con il concetto di Dio. Proprio e soprattutto attraverso tali non semplici argomentazioni si manifesta e si sdipana una chiara consapevolezza dell’autore. Basandoci su quello che siamo e su ciò che abbiamo indagato e scoperto di noi, ci possiamo proiettare fattivamente verso l’altro in un abbraccio di carità che sa di ecumenismo: “Dai la vita come un momento d’amore, l’amore è un momento che dura una vita”. Forse si tratta di un sogno o di un’utopia? Ma in Fabio è decisa la convinzione che è l’amore ad aver bisogno di spargersi nel mondo, per ritornare pieno e gratificante verso ciascuno. Purtroppo il sogno-realtà incontra anche il dolore, ma pure la sofferenza si può tramutare in purificazione e corroborazione. Dobbiamo scoprirne il senso, per offrire un più preciso significato dell’essere e del suo comportamento. E Dio diviene “fondamento della totalità” dell’ampio concetto vitale. Dio si fa interrogazione e certezza, supporto e aspirazione, ma soprattutto traguardo ultimo.

 

            In questo volume, oltre agli arguti, essenziali, profondi aforismi, oltre a diverse pagine sostanziose di prosa, spicca la poesia, che si manifesta viatico gentile e sostenuto per il bisogno di riscoprire la coscienza, quella coscienza-conoscenza capace di rendere grande l’uomo e condurlo a divenire ricco di quel cibo spirituale indispensabile per la convivenza con se stesso e con gli altri. I versi, immancabilmente lineari, si rifanno in prevalenza ad una memoria classica, pur con spunti che si inseriscono in un contesto di modernità. La loro qualità e l’insieme delle immagini e dei pensieri proposti, in un registro di elegante liricità, ci portano, oltre ad una bellezza figurale, verso quell’impulso liberatorio, che contraddistingue ampiamente l’ansia fervida e vitale del poeta-scrittore. La densità del pensiero, tuttavia, “cammina su piedi leggeri”, riprendendo quanto affermava un grande filosofo. Diviene voce universale per dirsi e per dire.

                                                                                    Gian Gabriele Benedetti