Pensieri senza tempo

 

 

 

Introduzione

di

Fabio Strafforello

 

LUGLIO 2008

 

   Forse non succederà a tutti, ma a me è accaduto. Sono ormai trascorsi circa trenta anni dai miei ultimi scritti... così, come sovente succede, si torna sui propri passi, certamente con sentori diversi. Rivolgo lo sguardo dentro di me, mi oriento verso il mondo esterno e scrivo così le mie osservazioni.

   Non ho la presunzione di scoprire quel che l'uomo ha scoperto dai tempi della sua apparizione su questo pianeta, cerco solo di riscoprirlo! Nel tentativo di riempire le mie giornate, lavorando e interessandomi attivamente della mia famiglia, ho pensato che fosse necessario lasciare ai miei figli una sorta di testamento spirituale, oltre ai miei averi materiali, che non mi porterò nell'aldilà.

   Credo che ogni essere umano, che abbia superato periodi di grande sofferenza, possa dare il meglio di sé. Nella tragedia dell'abbandono l'individuo cresce spiritualmente; ad esso appartiene, come a tutti, la possibilità di scegliere fra il bene e il male, e l’opportunità di un riscatto straordinario.

   Sì, il bene e il male, due fratelli inseparabili, devono esistere entrambi per capirne l'essenza, così come deve esistere chi ci vuol bene e chi ci vuol male, dobbiamo ad entrambi la nostra elevazione. L'essere umano è sempre uguale a quello di un tempo, si è solo evoluto nelle tecnologie; il cambiare delle opportunità fa di noi individui mutanti.

   Cercare Dio nell'universo, cercarlo dentro di noi... sperarlo nella sofferenza di chi vive una vita di dolore...

   Auspico l'opportunità di un grande riscatto, per chi ha vissuto con grande dolore.

   La maggior parte delle mie riflessioni traggono la loro origine dal comportamento degli esseri umani, che ho conosciuto nel percorso della mia vita; altre sono il frutto di stati d'animo a volte di grande intensità.

   Riconosco all'emozione un ruolo molto importante nella nostra vita, una delle linfe del nostro vivere.

   Identifico nei giovani la speranza per il nostro futuro... certo i ragazzi di adesso, così martoriati da un modo di vivere sovente scarso di contenuti e con poco sguardo al futuro.

   Il ruolo dei loro educatori, genitori in prima linea, un posto mancante che ha prodotto un'infinità di vuoti.

   Forse il pericolo per chi cerca le ragioni del vivere non è quello di trovare una risposta, ma quello di dare un motivo nel quale si possano identificare coloro che non accettano il vivere solo fine a se stesso, ma qualcosa di più importante.

   Rivolgere gli occhi verso Dio, non come imprecazione al nostro disagio, ma come speranza di un mondo migliore, nel quale le troppe ricchezze materiali non servono a nessuno!

   Come dicevo, credo che la ricerca costante della vera identità degli uomini e la necessità di trovare Dio in una qualsiasi forma siano uno stimolo a non chiudersi in se stessi, a non pensare che il mondo sia. finito nei nostri pensieri.

   Credo che tutta questa grande felicità nel cercare di possedere tutto ci porterà nella stessa disperazione di chi vive una vita senza neanche possedere nulla, per poter provare un minimo di felicità.

 

 

 

 

 

Recensione di Gian Gabriele Benedetti

 

     Caro Fabio,
ho letto subito e d'un fiato il tuo "Pensieri senza tempo". Ho letto per prima quello, giacché non aveva alcun commento mio. Gli altri due hanno una postfazione ed un lungo commento, che, per me possono essere sufficienti (li leggerò con calma).
"Pensieri senza tempo" dimostra ancora una volta la tua capacità di esprimere analisi profonde, concentrandole in aforismi di alto spessore. Anche mia moglie ha apprezzato non poco questo tuo lavoro.
Io ti ho scritto alcune note, buttate giù di getto, non appena terminata la lettura. Non so se ho centrato appieno il valore della tematica. Io ce l'ho messa tutta. Fammi sapere. 

Ti allego il mio scritto e lo propongo anche qui di seguito.

Un affettuoso abbraccio e tanti complimenti per la tua prolifica attività letteraria e filosofica

                                                                                                     Gian Gabriele

NOTE SU “PENSIERI SENZA TEMPO”

DI FABIO STRAFFORELLO

            E si snodano ancora lucide trame di pensieri emozionali ed emozionanti. Trame di pensieri che ci offrono la nudità e l’integrità di un animo indagatore. Non vi è iniziativa che non sappia sottrarsi al calcolo arido, ad una razionalità fredda; non si avverte alcuna sia pur minima ipocrisia e mai si “scende” nella banalità; non ci si allontana per nessun motivo dalla responsabilità civile, morale e religiosa.

            Si parte sempre dal concetto, secondo cui l’uomo, innanzi tutto, deve conoscere se stesso; deve prodigarsi immancabilmente a compiere una continua indagine interiore, per rintracciare le potenzialità e le debolezze, i dubbi e le poche certezze, le disponibilità e le insufficienze…; per misurare pure i dolori e le gioie, le paure ed i bisogni, gli slanci e le cadute… L’uomo deve interrogarsi, cercando risposte le più sagge possibili e quegli imperativi cristallini, utili ad una navigazione più consona e più degna ad una vita costruita sui valori precipui del mondo. Indispensabile, pertanto, questo scavo nell’io, perché è proprio da lì che matura quel dialogo con l’altro, col mondo, con la natura, con Dio stesso. Si può arrivare così a guardare l’esistenza non soltanto come contingenza presente, ma anche e soprattutto come prospettiva di crescita e di dono. Ed ecco allora il grande canto che abbraccia le tematiche più profonde ed il loro significante, per afferrare la sostanza ultima delle cose e del vivere stesso, per non perdere la prospettiva giusta del rapporto umano, per non smarrirci nel vuoto inconcludente o nel nulla che avvilisce.

            In questa scrittura, che fa dell’essenzialità e della sintesi il suo perno felice, in questa scrittura genuina e talvolta “tagliente”, in questa scrittura emblematica, scorrono riflessioni un passo dietro l’altro, non dandoci quasi mai una tregua ed offrendo il campo complesso del sentire di un uomo dai nobili e generosi “connotati”; il sentire che ognuno di noi può e deve far suo. Non ci offre lo scrittore-filosofo immagini semplicemente “domenicali”, da indossare una volta ogni tanto nelle grandi occasioni, bensì ci consegna un sostanzioso “abitus”, con cui, ben consapevoli di noi stessi, poter affrontare la battaglia di ogni giorno, la battaglia per superare le nostre non poche fragilità, la battaglia contro l’ipocrisia, la miseria, la violenza, la disumanità…; la battaglia contro chi arriva a disprezzare l’uomo e la natura; la battaglia contro chi rinnega la propria memoria, la battaglia nei confronti di chi non sa e non vuole interrogarsi per trovare in sé le migliori “carte nautiche” in vista del grande viaggio che ci attende qui e ci porta altrove, al fine ultimo. Quel viaggio che deve tingersi d’amore e carità, di impegno e serietà, di stimolo e di conoscenza, di speranza e di fede, pur tra le mille insidie distese lungo il cammino, pronte ad invischiarci, se non adeguatamente preparati.

            Dunque ancora un grande messaggio da consegnare a noi, hic et nunc, ed a chi verrà dopo; un messaggio che può condurci alla sostanza ultima e ci salva dall’annientamento.

            Sono, questi aforismi di Fabio, veramente “Pensieri senza tempo”, “voce silenziosa dell’uomo”, … “un sentire che va oltre ogni pensiero…”, per divenire “uno strumento dell’amore di Dio”. Ed un viatico indispensabile per l’essere coerente con se stesso e con gli altri, un trampolino vitale, compreso fra Cielo e Terra, che può spingerci in alto, senza mai esaurire la sua forza propositiva.

                                                                                          Gian Gabriele Benedetti

 

 

 

Recensione Dott.ssa Rambaldi Franca

 

Il 22 novenbre 2009 ho avuto la possibilità di presentare Pensieri senza tempo, presso il locale San Domenico, sito nel paese di Dolcedo. Per quella occasione i relatori che si prestarono all’evento furono tre: Rambaldi Franca, Trincheri Natale, Bianchi Franco. Qui di seguito pongo alla vostra attenzione la relazione che la Dott.ssa Rambaldi Franca fece del testo.

Fabio Strafforello: Pensieri senza tempo

Le poche pagine che fungono in qualche modo da prefazione al libro di Fabio Strafforello, “Pensieri senza tempo”, offrono probabilmente la migliore chiave di lettura degli aforismi, che costituiscono il contenuto del volume. In questa prima parte l’autore si propone come “soggetto - oggetto di se stesso e del tempo che vive”, accennando in qualche modo ad una forma letteraria oscillante tra il diario e le confessioni.

L’intelaiatura, entro la quale le osservazioni sono collocate, è costituita dalla vita in cui la sofferenza non è interpretata negativamente, essa rappresenta per l’autore un motivo di crescita e, coerentemente, sostiene che il bene e il male sono “fratelli inseparabili”. I riferimenti culturali sono molteplici: per tutti basterebbe ricordare le affermazioni Hegeliane sullo strapotere del negativo in funzione del positivo. Ma il tema della solidarietà fra il bene e il male, la sofferenza e il piacere viene da lontano. C’è al riguardo una bella pagina proprio all’inizio del Fedone di Platone. Socrate è stato liberato dalle catene che gli cingevano le gambe, perché ormai è giunto il tempo per lui di bere la cicuta. La sua serenità imperturbabile non viene meno neanche in quella tragica situazione e gli permette di offrire una seria riflessione. Egli infatti afferma: “Quanto è mai strano questo che gli uomini chiamano piacere e in quale straordinaria maniera si comporta verso quello che pare il suo contrario, il dolore. Essi non vogliono mai stare ambedue insieme nell’uomo, ma, se qualcuno insegue e prende uno dei due, è pressoché costretto a prendere sempre anche l’altro, quasi che essi, pur essendo due, pendessero da un unico capo… E questo appunto pare sia capitato anche a me: mentre, prima, qui nella gamba c’era il dolore prodotto dalla catene, ora ecco che a quello vien dietro il piacere.

E’, proprio nella breve lirica dedicata “Ai nonni Mimmo e Agnese”, il  concetto viene ribadito: ringraziando i nonni per l’amore ricevuto ricorda quanto di positivo ha ricevuto da loro “nel tratto di una vita sovente fatta di grandi dispiaceri: doni dal valore inestimabile”.

Non si tratta dunque per l’autore di un ripiegarsi vinto su se stesso, il discorso si configura come uno sguardo realistico sulla vita, senza superficiali ottimismi o pessimismi devastanti. “ Fede, speranza e silenzio” sono gli elementi fondamentali per affrontare coraggiosamente la vita in tutti i suoi aspetti. Tutto ciò costituisce una sorta di testamento spirituale da lasciare in eredità ai figli.

Il testo che prendo in esame è costituito da 350 aforismi intercalati da sei frammenti di lettere mai spedite, utilizzate con l’intento ben preciso di “lanciare messaggi percepibili da tutti”!, così l’autore afferma in una postfazione al libro. La parte di maggior rilievo è ovviamente costituita dagli aforismi che non sono organizzati secondo i temi trattati, ma circolano in ordine assolutamente libero e in certo qual modo simpatico, perché l’autore ad ogni a piè sospinto ci mette continuamente di fronte ad un nuovo tipo di riflessione. E’ tuttavia possibile operare un’operazione trasversale, per individuare i temi di fondo che vengono proposti alla riflessione nei vari aforismi.

La serie più consistente mette a fuoco il tema dell’uomo. Si parte dal socratico “conosci te stesso”. Non è una cosa facile infatti: Sentire qual è il proprio percorso, nella curiosità e nella paura di essere se stessi… il rimpianto più grande sarà quello di non essersi neanche conosciuti”. Non conoscersi è perdere qualcosa di prezioso infatti: Possedere se stessi e null’altro, ecco la libertà dell’uomo”. Questo è un tema sul quale l’autore ritorna spesso, rilevando l’importanza dell’interiorità : “Scoprirai chi sei confrontandoti allo specchio della tua anima, senza paura, per poi tornare alla vita”. Logica conseguenza: il valore della solitudine, affermata oggi in un mondo che teme il silenzio e il raccoglimento, per l’autore infatti: “L’uomo che non teme se stesso, della solitudine fa tesoro… la pone al proprio fianco, quindi sa di non essere solo”. Conoscere l’uomo tuttavia porta a rilevare atteggiamenti negativi che ci sorprendono anche in noi stessi “Conosco poco il mio io, talvolta lo odo pensare quello che mai avrei creduto…”E’ un campanello d’allarme che ci invita a metterci in guardia da noi stessi e dagli altri e nasce spontaneo l’avvertimento: “Attenti all’uomo. L’istinto di sopraffazione dell’uomo percorre strade contorte. In un sorriso, talvolta, si nasconde un’arma di morte”. Ma, nonostante tutto, la visione che l’autore ha dell’uomo è sostanzialmente positiva. Lo deduce esaminando i momenti di serietà e raccoglimento che ognuno di noi vive, a tratti forse in modo distratto, ma per l’autore segno della nostra ricchezza spirituale: “L’uomo scruta il cielo e di un alito di vento compone poesia, con esso sente la pienezza della vita e il compimento del proprio destino”, perché in fondo ci si può chiedere “L’uomo cerca se stesso?” la risposta è scontata: “Più che mai”. Forse siamo pessimisti sull’uomo perché ci si ferma a ciò che si controlla a livello di esperienza di vita, ma al di là delle apparenze, l’autore ci invita a credere nell’uomo perché: “Tutti vedono quello che l’uomo fa, ma pochi sanno quello che un uomo è”. Tuttavia conoscere a fondo l’uomo, a partire da noi stessi, non è impresa facile, e se si riesce, tuttavia, nasce una gioia grande: “Aver scoperto una parte di se stessi è come conoscere una terra lontana, terreni verdi… deserti o mari in tempesta: ottieni per ciò che fai”. Quest’ultima affermazione introduce un secondo tema ben presente tra gli aforismi che stiamo esaminando: il tema della speranza che è colto scavando proprio nel proprio intimo. Scrive l’autore: “Cercare l’uomo nell’uomo, accendere in esso una fiamma che il tempo non consuma, è parte della speranza non abbandonarsi a tristi e inutili pensieri spegnendo questa luce”. Ma la stesa natura, osservata con uno sguardo sensibilmente intuitivo, può aprirci alla speranza. Infatti “allo spuntar della sera, quando tutto sembra nascondersi, ecco apparire quelle luci lontane. Luci vive accendono i nostri animi di speranze”. La speranza allora diventa il motore che ci spinge avanti di fronte a mete insperate e sconosciute, per cui “La speranza che porti in te ogni giorno non conosce il futuro, ma non hai futuro senza speranza!. L’osservazione è molto stimolante e ricorda vagamente quanto Eraclito scriveva in uno dei suoi frammenti più famosi: “Se l’uomo non spera l’insperabile, non lo troverà, perché esso è introvabile e inaccessibile”(fr.18). Tuttavia l’autore mette in guardia  sul pericolo di confondere la speranza con l’illusione, quest’ultima infatti non ha alcun fondamento ed è causa di scoraggiamenti e delusioni a tratti scottanti per cui è importante ricordare che “L’illusione e la speranza corrono fianco a fianco. Vivi di illusioni quando non vuoi conoscere la realtà, vivi di speranze quando procedi a capo chino, silenzioso e prudente… hai capito quel che sei”. Anche in questo caso conoscere se stessi diventa una protezione possibile di fronte alle fantasie dell’illusione, che qualche volta non possono essere vinte che da un intervento di ordine spirituale. “Non perdere la speranza – scrive l’autore – Un Angelo ci condurrà”. Vi sono tuttavia momenti particolari nei quali la nostra speranza viene messa a dura prova, quando nella nostra vita compare la prova del dolore. L’autore aveva precisato in partenza l’intima connessione tra bene e male, dolore sofferenza, e quando ritorna sul tema ha sempre presente quella prospettiva iniziale, afferma infatti in modo perentorio: “Tutto quello che ignoriamo dell’animo umano diventa dolore; se non è finalizzato alla guarigione diventa malattia,rabbia…”. Bisogna rendersi conto che l’uomo è obbligato a confrontarsi con il dolore, che non può essere semplicemente esorcizzato, e allora la raccomandazione è: “Il dolore bussa alla porta dell’uomo; lo si può accettare o combattere, l’importante è non voltargli la schiena”. In fondo l’autore, di fronte al dolore, non rinuncia ad una forma di ottimismo:” Credo che dalle cose più dolorose, ognuno possa dare le gioie più profonde”. Il primo risultato di un dolore affrontato  e superato è in qualche modo la conquista di se stessi. Lo afferma un aforisma espresso in modo vivace, ma chiaro nel messaggio che offre: “L’uomo che non trova la strada del soffrire, e quindi dell’amare, è come un maiale all’ingrasso…”. Strano destino quello dell’uomo che non può fare a meno di ciò da cui volentieri fuggirebbe, questa per l’autore è una strana constatazione: “Certo la sofferenza e la solitudine sono difficili, ma senza di esse ti ucciderai di noia…”.

                                                                                                 Rambaldi Franca